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Montetiffi: L’artigiano della Teglia

Teglia o teggia” che dir si voglia: secolare arnese da cucina, che ancora tutt’ora se la vede alla pari, e spesso batte i più moderni sistemi di cottura. Stiamo parlando delle teglie di Montetiffi, paesino abbarbicato su per la valle del Rubiconde ai confini con la provincia di Pesaro. Qui, opera ancora un maestro artigiano che prosegue la gloriosa tradizione dei “tegliai”, Maurizio Camilletti. L’unico depositario di un’antica tecnica artigianale che vede nella manipolazione dell’argilla l’elemento esenziale per la produzione di questa preziosa stoviglia, un tempo d’uso quotidiano. La storia inizia ai primi anni ’90, quando “Leoni” Reali, chiuse per sempre la sua bottega a Montetiffi. Rimane, a Ville Montetiffi, Pierino Piscaglia, ultimo di quattro generazioni di tegliai, a continuare un mestiere che è un’arte, che il profumo della terra e di uno spicco di piada appena cotto.

Per motivi di salute, nella seconda metà degli anni ’90, anche Pierino appende il suo trespolo ad un chiodo. Qualcosa succede, il destino ci mette la sua mano, vuole che un giorno Rosella Reali e Maurizio, si recano in visita da Pierino, il cugino della madre della moglie, e qui avviene il miracolo. Nel parlare, nel bersi un bicchiere di vino, nel sfogliare un documento e nel trasmettere “il peso, della grave responsabilità di non poter mettere in un giovane mani nel suo lavoro”, scatta la scintilla, Camilletti e Pierino, prendono accordi per apprendere l’arte di far teglie. “Era da diverso tempo – sottolinea Maurizio – che il lavoro da impiegato alla Cia, non mi soddisfala più e mi ero veramente stancato stare dietro ad una scrivania. Così l’incontro avuto, è stata la scintilla che mi ha fatto scattare la voglia di realizzare qualcosa di bello. Già da piccolo in queste terre le frequentavo. Per sei mesi ho svolto i due lavori. Poi c’è stata la decisione di andare ad abitare a Ville di Montetiffi”. In base ad un decreto del 1527, in cui Sisgimondo Malatesta vietava l’ingresso nel territorio riminese di vai e simili in terracotta prodotti fuori del dominio, fatta eccezione per quelli fatti a Montetiffi, i quali potevano circolare liberamente.

Nel passato i tegliai partivano con i loro animali, lasciavano l’alta collina di Romagna e si spingevano a vendere teglie nel cesenate, nel forlivese, a Rimini, a Ravenna, nel Montefeltro, a Pesaro. Per realizzare questa creazione si utilizzano tre tipi di argilla: una rossastra, una grigio-verde e una pietra marmorizzata di calcite.  I tre ingredienti vengono lavorati, per realizzare una un impasto di base. Su di un tornio girevole, tipo quello dei vasai, viene posta una tavola quadrata di legno che viene cosparsa di cenere per evitare l’aderenza dell’impasto. Realizzata la teglie, con delicatezza, vengono fatti scivolare su assi orizzontali. Inizia la stagionatura che si svolge in un luogo chiuso ma arieggiato. Ogni giorno le assi, che portano dalle quattro alle sei teglie, vanno girate, fino a quando le teglie hanno raggiunto consistenza. Per completare l’essiccatura vanno sollevate dal legno con cocci ottenuti da vecchie teglie. In estate occorre un mese, ma in inverno non bastono due mesi affinché siano ben asciutte. Sistemate e rifinite vengono messe verticalmente nel forno che è fatto in pietra arenaria.  Il forno deve raggiungere una temperatura di circa 700 gradi. Solo dopo due giorni si può aprire il forno e valutare se la cottura è ben riuscita. A questo punto la teglia è pronta!

L’uso

Oltre alla cottura della piada, la teglia è usata in altre occasioni:per abbrustolire e cuocere ceci e sementine, castagne, per ripassare la polenta, per cuocere tortelli alla lastra, cantarelle ed anche carne e pesce. Prima di essere usata, va temperata. Quando è ben calda la si cosparge con una manciata di crusca, che viene fatta cuocere rigirandola con uno scopetto di saggina fino ad abbrustolirla ben bene, iCosì la teglia è pronta. Nel caso si usa la stufa economica a legna, si mette la teglia sulla parte di stufa meno calda, poi, con delicatezza, la si sposta verso il centro e si procede cospargendola di crusca. Il fornello a gas merita un discorso a parte; occorre munirsi di una teglia con un diametro ridotto (massimo 31-32 cm), fra teglia e fornello bisogna collocare un buon diffusore di calore di dimensione adatta, si procede prima a fuoco basso (per circa dieci minuti), poi si alza la fiamma; per il resto si procede come nei casi precedenti. Questo per la teglia nuova. Finito di cuocere la piada è bene non spostare la teglia, ma, per evitare uno “shock” termico, lasciarla raffreddare sul posto. Le volte successive i tempi di riscaldamento si possono ridurre e la crusca ovviamento non serve più. Quando la teglia è fredda va posta in piedi e appoggiata obliquamente in un luogo caldo e asciutto. Le teglie se crepa occorre provvedere la riparazione con una cucitura metallica. Importante, non lavarla mai, solo pulirla.

Indirizzo:

Le Teglie di Montetiffi

Via Montetiffi –Ville, 79

Sogliano al Rubicone

Tel.: 0541/940708

Maurizio Ranucci
direttore responsabile
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