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Rimini, tra monumenti e opere d’arte incontriamo il Gallerista Giovanni Tiboni

Giovanni Tiboni 63 anni, inizia lavorando nell’hotel di famiglia durante gli studi. Frequenta la scuola d’arte di Urbino. Ha insegnato “Anatomia artistica” nelle Accademie di Firenze, Bologna e Brera a Milano. All’attività di insegnante affianca da sempre quella di direttore di Galleria d’arte, che lo porterà ad organizzare importanti mostre d’arte contemporanea e a partecipare alle più prestigiose fiere del settore in tutta Europa ed oltre oceano, nonché editore di stampe e grafiche dei più importanti pittori e scultori internazionali.

Dopo gli studi inizi subito ad insegnare ?
Inizio a insegnare nel 1978 a Firenze presso l’Accademia delle Belle Arti, lo stesso anno con mia moglie apro Edizioni Tipertì a Rimini e pubblico la mia prima cartella di edizioni di grafica, con opere di Piero Manai, Mario Schifano, Franco Angeli, Concetto Pozzati e Omar Galliani, da qui nasce la mia avventura nella grafica moltiplicata, avendo frequentato la scuola del libro di Urbino, questa pratica mi era divenuta familiare, le prime esposizioni in galleria sono di Enrico Castellani e Alighiero Boetti, due artisti che oggi sono super quotati.

Hai avuto anche una collaborazione con Tonino Guerra ?
Con Tonino Guerra ho lavorato per molti anni, è stata una bella esperienza. Abbiamo editato delle vere grafiche, tutte fatte in incisione su lastre di rame, con un risultato ottimo. Un sistema di stampa antichissimo che risale al 1500, ma è una pratica di stampa straordinaria che purtroppo si sta perdendo, prima con la serigrafia e oggi il digitale stanno soppiantando le tecniche tradizionali.

Manai Piero – tecnica mista su carta intelata

Una carriera nata e diretta da Rimini la tua città natale ?
È stata la sfida più grande di questa mia attività di gallerista ed editore, sono riuscito a fare tutto da Rimini, inventandomi un lavoro in una città difficile per l’arte contemporanea, qua siamo fuori dai giri internazionali.

Come possiamo suddividere l’arte, se si può suddividere ?
L’arte non andrebbe divisa ma unita, per comodità possiamo dire che esistono delle specializzazioni; archeologia, antica, moderna e contemporanea. Chi si occupa di arte contemporanea deve possedere cultura visiva e intuito per individuare gli artisti migliori nel grande sovraffollamento artistico di oggi.
Ce differenza tra l’arte contemporanea da quando hai iniziato ad oggi ?
Oggi siamo in un clima di globalizzazione per cui è cambiato il sistema dell’arte ed è cambiata l’arte, l’arte contemporanea è diventata più attinente alle idee e poco all’opera, oggi gli artisti che fanno pittura e scultura sono pochissimi, sono artisti più concettuali che lavorano su idee, sul sociale, sull’intimo interiore, sulla loro storia, ci sono delle poetiche nuove, meno legate a quello che il nostro occhio vede e interpreta. Non è importante chi ha inventato la natura morta o la figura perché non l’ha inventata nessuno, è semplicissimo, le opere parlano da sole e gli artisti se vengono intervistati non dicono mai le cose che dicono i critici, questo è un bel mistero, la ragione è che gli artisti vanno al sodo, al nocciolo della questione e i letterati invece anche per ampliare il discorso dell’opera spaziano molto. Gli occhi di Giotto non sono come quelli Caravaggio, come nella scrittura, Svevo non scrive come Manzoni, questo per dire che oggi nell’arte contemporanea si è perso un po il mestiere, mentre il romanzo si scrive come si è sempre scritto, l’arte perdendo la sua caratteristica importante, che è quella dell’opera e del suo linguaggio, cioé pittura e scultura, perde la sua centralità, diventa un insieme di sensazioni e di emozioni, un territorio ininterpretabile e difficile da catalogare, per questo l’arte contemporanea è incomprensibile ed ermetica.


Stefanoni – vaso d’arance serigrafia su carta

Arte e cibo, un connubio che esiste da sempre ?

La prima volta che l’arte si è manifestata descrivendo il cibo fu nei rituali propiziatori dove gli uomini primitivi dipingevano nelle caverne le cose che avrebbero voluto possedere, animali, scene di caccia, questo va avanti nei secoli, sino al mosaico bizantino ed alla pittura Pompeiana fino ad arrivare al rinascimento, il cibo entra sempre nell’opera d’arte è un ingresso naturale, fa parte delle cose della vita, come il paesaggio, il nudo. Il cibo di Leonardo nell’ultima cena non è quello di Van Gogh o Caravaggio, la cifra stilistica cambia sempre, è questa la cosa importante.

La pittura futurista produce la cucina futurista, che è una cucina con tanto di ricette, una cucina improbabile, che unisce la cioccolata con le acciughe, con abbinamenti molto estremi e azzardati, era in fondo l’idea di innovare e pensare al cibo in modo completamente moderno. Dopodiché altri artisti si occupano di cibo e sono gli artisti della pop art Andy Warhol, Roy Lichtenstein o Claes Oldenburg che costruiva delle sculture di stoffa e materiali vari, riproducendo del cibo, un atteggiamento ironico, tutta la pop art si occupa di consumi di massa, dell’avvento della globalizzazione, non si parla più di cibo come oggetto sacro o di cibo nel divino.
Arriviamo all’attualità con l’arte concettuale, alla performance e a tutte le esperienze di oggi che parlano di cibo con un’altra coscienza, il cibo come vita, come distruzione, il cibo come consumo, il cibo come sostenibilità, ad esempio Marina Abramović alla Biennale di Venezia del 2005 ha pulito quintali e quintali di ossa per tantissimo tempo, una performance che da una idea del cibo come assuefazione, legata all’uomo, ai conflitti dei Balcani. La cosa è molto articolata non ce una spiegazione precisa perché l’arte non da spiegazioni non da risposte, l’arte pone delle domande. Alcuni artisti coi quali ho lavorato a lungo hanno affrontato con ottimi risultati il tema del cibo in modo molto personale. Piro Manai ha rivisitato la natura morta di Cezanne ingigantendola, Mimmo Rotella con i suoi decollage ha indagato il messaggio dei grandi manifesti pubblicitari, infine Tino Stefanoni dipinge nature morte che diventano fiabe per adulti.

 

Mimmo Rotella – virtual 1999 decollages e pittura

Giovanni Tiboni in cucina ?
Mi piace mangiare bene e sano, mi piace cucinare soprattutto pesce, non creo opere d’arte, ma me la cavo, ho un’idea di una cucina riflessiva quasi concettuale ma a fuoco lento, se mangio una buona mela, penso al tempo e al lavoro per la maturazione, dal fiore al frutto, la maturazione; ritorna l’arte. Sono molto attendo alle materie prime e credo di esserne un conoscitore, seguo un po la pratica sensoriale dei profumi, degli odori, mi interessano molto le fibre, se i prodotti non sono come dico io non li cucino. Conoscono tutti i pescatori di Rimini per nome, sia dei barchini che dei barconi, io preferisco i pesci piccoli dei barchini, escono a mezzanotte fanno due calate e alle sei sono in porto. Ho la fortuna di abitare in centro, mi piace molto la città ha delle cose che la periferia non ti potrà mai dare, poi hai tutti i prodotti che affluiscono anche dall’entroterra. È una meraviglia.

Indirizzo:
Galleria “Fabibasaglia”
Via Soardi 23

Rimini RN
tel e fax: +39 0541785646,
e-mail: info@fabjbasaglia.com
sito: www.fabjbasaglia.com

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